La situazione che giustifica l’affidamento etero-familiare e quella che giustifica la pronuncia di adottabilità si differenziano in quanto la mancanza di un ambiente familiare idoneo per il minore è considerata, nel primo caso, temporanea e superabile con l’affidamento familiare mentre, nel secondo caso, insuperabile e tale da non poter essere ovviata se non per il tramite della dichiarazione di adottabilità. La normativa che qui presentiamo, emanata con la consapevolezza del ben diverso impatto che può avere sul minore il ricorso all’uno o all’altro istituto, mostra come a tutti i livelli si raccomandi di prendere seriamente in considerazione la possibilità di ricorrere all’istituto dell’affidamento familiare prima di emanare una pronuncia di adottabilità di un minore. A tal proposito basti pensare all’adozione da parte dell’Assemblea generale dell’Onu della Risoluzione n. 64/142 sulle linee guida sull’accoglienza familiare dei bambini con cui si raccomanda il ricorso all’affidamento familiare come strumento giuridico da incentivare nei casi in cui il minore non possa rimanere nell’ambito del proprio nucleo familiare, mentre, per restare in ambito nazionale, ci limitiamo a ricordare la modifica del Titolo V della Costituzione che ha imposto allo Stato e alle Regioni di impegnarsi alla costruzione di uno strumento che sensibilizzasse all’utilizzo dell’affidamento familiare. È in questo modo che, al termine di un complesso iter, si è giunti all’adozione da parte dalla Conferenza Stato Regioni delle Linee di indirizzo per l’affidamento familiare che dal 2012 completano l’indicazione normativa della legge 184/1983 (modificata dalla L.149/2001) declinata in una pluralità di forme in base all’intensità del bisogno e dei tempi di accoglienza dei bambini e delle loro famiglie.